Parte 1: solstizio d’inverno
La luce entrava attraverso le persiane verde scuro. Filtrava sottile, tagliando l’aria della camera dove Laura dormiva ancora. I raggi del sole coloravano di strisce arancioni il pavimento antico in cotto. L’odore di caffè si infilò nel sogno che Laura stava vivendo. Si stava domandando, mentre posava il libro sulla sabbia bianca, da dove arrivasse l’aroma di caffè in quella spiaggia solitaria. Si voltò. Il movimento le fece varcare l’invisibile soglia tra mente e corpo, fantasia e realtà. Socchiuse le palpebre e capì da dove arrivava il caffè. Dalle mani di Francesco. Caldo e fumante. Perfetto, come piaceva a lei: lungo e nella tazza alta con i disegni verdi. Chi aveva disegnato le felci verdi sulla tazza aveva intinto il pennello negli occhi di Francesco. Il verde era il medesimo. “Occhi color della felce. Me lo devo ricordare” si appuntò mentalmente. Laura, sedendosi sul letto e allungando la mano alla tazza, decretò la fine del sogno. Dalla veglia era passata al risveglio felice di scoprire che la sua felicità era fatta di felci a forma di occhi.
Sorrise a Francesco ed all’anima di Francesco. Per lei era normale andare oltre Nei momenti in cui veglia e risveglio si mescolano le era necessario un piccolo sforzo per governare i due piani, il guardare oltre ed il vedere. Osservati da fuori, sembravano solo una coppia innamorata. Anche Francesco oltre che a vedere, guardava oltre e lasciava la tazza alla mano della “dea del sorriso”. Laura prese con due mani la tazza e nascose il volto dietro il primo lungo lento sorso di caffè. Quando finì, stava per dirlo, ma non serviva. Lui sapeva. “Se lo sa anche lui, allora oggi è il giorno”. Bevve il secondo sorso a prepararsi all’imminente. Era venerdì. Erano le 11.00 . “Come si farà vivo? ”
“Bensvegliata…” Erano le prime parole pronunciate a voce alta. A voce alta si dicevano quelle cose che tutti si dicono.
“Tu sei andato a correre? “
“ Si. Alle 8.00 come avevamo detto.”
“perché non mi hai svegliato?”
Francesco depose il sorriso dell’amore, apri il barattolo dell’ironia, prese un pizzico irriverenza e aggiunse: “Stanotte ha gelato. Mentre correvo ero certo che la scelta giusta fosse la tua. Sotto le coperte”
Laura abbassò lo sguardo. Posò la tazza sul comodino, poi lo guardò nelle felci a forma di occhi e come un anticipo di primavera soffiò nel suo orecchio come lo Zefiro “E’ oggi, vero? “
Lui le alzò il mento. La voce era seria, ma le felci frusciavano come nel sottobosco in estate “Si. Non manca molto. Sei pronta? “.
No. Non lo era. Non lo sarebbe mai stata . Avrebbe però incontrato quel fantasma del suo passato, quella porta socchiusa che andava chiusa, perché era il tempo giusto. Assorta controllò il contenuto della tazza che aveva già posato, ma realtà era sempre quella: caffè finito ed attesa del fantasma pure.
Vide Francesco mentre usciva dalla camera da letto e continuò a seguirlo con gli occhi della mente: lungo il corridoio pieno di libri, giù dalle scale, nel soggiorno color lavanda, prendere il telefono senza fili e tornare di sopra. Fu uno scambio, cordless per tazza vuota.
Non restava che attendere. Guardò Francesco dalla finestra mentre usciva con la macchina. Per lei non era una giornata di lavoro. Chiuse gli occhi. Era il tempo per lei di rientrare in quella parte della Mente dove aveva riposto i ricordi delle sensazioni.
Come chiuse gli occhi vide i suoi occhi. Attraverso ci vedeva sole e azzurro. Le facevano venire in mente i pittori della costa azzurra. Apri gli occhi e ritornò al tempo presente. “E’ il tempo giusto ” si disse, mentre apriva il terzo cassetto dello scrittoio liberty in ciliegio.
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